Valorizzare il lavoro di cura, durante il Covid-19
Dopo diverse settimane di quarantena stretta, la Bolivia si trova ora in una fase più dinamica, con alcuni allentamenti. L’impossibilità di lavorare sta però accentuando la precarietà e soprattutto la fame per le popolazioni più fragili. La testimonianza di Barbara Banfi da Cochabamba.
Il 21 marzo 2020 il Governo dello Stato Plurinazionale della Bolivia ha imposto la quarantena con misure molto severe: sospensione dei mezzi pubblici, impossibilità di entrare ed uscire dal Paese e circolare tra i diversi dipartimenti. È consentito uscire a fare la spesa solo a una persona per famiglia dalle 7 alle 12, un solo giorno a settimana in base all’ultima cifra del numero del proprio documento d’identità. Anche nella città di Cochabamba le direttive sono state molto precise, regolamentando l’apertura di tutti i micro-mercati, delle cisterne che distribuiscono l’acqua, la raccolta dei rifiuti. Anche i panifici, le banche, i supermercati possono accogliere i clienti soltanto durante alcuni giorni e fasce ben precise, facendo attenzione ad impiegare il personale minimo strettamente necessario. Il Comune ha inoltre garantito la mobilità al personale medico, pubblico e privato, rispettando le condizioni di prevenzione emanate precedentemente.
Nell’ultimo mese i casi confermati hanno visto un notevole aumento, bisogna però tenere in considerazione che l’esiguo numero potrebbe essere la conseguenza diretta delle mancate diagnosi. Potenzialmente e per vari motivi, una parte della popolazione contagiata dal virus non è giunta all’attenzione del servizio sanitario. D’altra parte, è importante considerare che i posti letto di cura intensiva in Bolivia sono solo 35 per una popolazione di 11 milioni di abitanti. È chiaro che a queste condizioni la prevenzione è l’unico strumento per poter affrontare l’attuale emergenza.
Per aiutare la popolazione ad affrontare il periodo di quarantena, il Governo ha stabilito una riduzione per i costi della luce, ha proibito il taglio di luce, gas ed acqua. Ha incluso pure internet nei servizi garantiti.
Non lavorare significa non mangiare
Purtroppo, la situazione è molto complessa: una consistente parte della popolazione vive di lavoro informale, l’impossibilità di uscire e lavorare significa quindi non potersi garantire un’entrata anche minima per comprare mezzi di sostentamento.
Inoltre, molte persone vivono in situazione di strada e pertanto non hanno accesso ai servizi di base come l’acqua corrente, di conseguenza non dispongono delle condizioni per rispettare le misure di prevenzione emanate come lavarsi le mani o l’utilizzo delle mascherine e del disinfettante.
Per quanto concerne Cochabamba, la Segretaria del Dipartimento di Sviluppo Umano del municipio, ha diffuso un’informativa in cui si precisava la decisione di priorizzare tre settori considerati i maggiormente vulnerabili nella totalità della popolazione. Si tratta di bambini e adolescenti, persone che vivono in situazione di strada e anziani senza famiglia. Il lavoro si traduce in costanti controlli eseguiti direttamente in strada, nei quartieri, in casa al fine di evitare l’abbandono di questi gruppi sociali. Infatti, lo slogan consiste in “Seamos solidares!”. Inoltre, sono stati stanziati degli aiuti economici per sostenere le entrate di coloro che più lo necessitano attraverso differenti sussidi come la Renta de Dignidad o il Bono Familia. Purtroppo, come spesso succede seppure esistano questi aiuti messi a disposizione del Governo, ci sono fasce della popolazione che non rientrano nel gruppo di beneficiari anche se avrebbero reale necessità di un appoggio. Creando anche dei controsensi, per esempio le persone anziane hanno diritto al buono perché ritenute fasce vulnerabili, ma per il ritiro di essi si vedono costrette a fare lunghe file fuori dalle banche (anche durante la notte), esponendosi a un maggior rischio di contrarre il virus.
La situazione è drammatica
Purtroppo, nelle ultime settimane la situazione a livello nazionale e regionale è peggiorata e non solo dal punto di vista del numero di contagi.
La Sociedad Boliviana de Emergenciología ha dichiarato lo stato di allerta per la mancanza di materiale e spazio definendo la situazione “drammatica” e sottolineando che di conseguenza tutte le mancanze si ripercuotono sulla qualità delle cure prestate ai pazienti e l’accessibilità alle stesse.
Molte famiglie hanno dovuto rivolgersi a cliniche e/o ospedali privati, però tale necessità ha provocato a queste persone un consistente indebitamento dati gli elevati costi di tali strutture.
Nella zona sud della città di Cochabamba, la parte meno agiata, si susseguono manifestazioni da parte della popolazione che vuole tornare al lavoro. L’impossibilità di lavorare sta accentuando la precarietà e soprattutto la fame. Purtroppo, si tratta di una realtà presente non solo nel contesto di Cochabamba, ma che tocca l’intero contesto nazionale. Le persone denunciano una mancata coordinazione da parte delle autorità locali a livello dipartimentale e nazionale; richiedono un impegno serio nei confronti della lotta alla pandemia, la disponibilità di strumenti adeguati sia per il personale medico sia per la popolazione stessa.
Infine, almeno per quanto riguarda le notizie che abbiamo deciso di condividere con voi, il Governo boliviano ha annunciato di non sospendere l’anno scolastico in corso, assicurando di poter gestire e garantire la continuità attraverso l’uso di mezzi tecnologici quali internet, la radio e la televisione. Opportuno ricordare ed evidenziare che molte comunità rurali non dispongono di tali tecnologie, perciò ne risultano irrimediabilmente escluse. Proprio in tal senso abbiamo letto di un insegnante che di sua iniziativa ha cominciato a spostarsi tra un villaggio e l’altro per dare seguito alle lezioni. Periodicamente svolge questo tour al fine di poter aiutare i suoi alunni nello svolgimento e nella correzione dei compiti, così da sopperire, almeno in parte, la mancata possibilità di accedere alla cosiddetta “educazione virtuale”.
Mantenerci sani è la priorità
Anzitutto ci sembra corretto sottolineare il fatto che siamo coscienti di avere una grande fortuna nel poter disporre di un ampio giardino, della connessione internet e di sufficiente contante per evitare eventuali problemi con i distributori automatici e quindi assicurarci la possibilità di comprare alimenti e beni di prima necessità.
In generale stiamo vivendo tutta questa situazione con serenità e con un’attitudine positiva. Dal punto di vista della vita di coppia ci supportiamo e sopportiamo abbastanza bene). Approfittiamo del tempo libero in molteplici maniere: per quanto possibile procedere con gli impegni lavorativi da casa, cimentarsi in attività quali per esempio yoga, cucina, chitarra.
Per salvaguardare la nostra salute mentale abbiamo provato anche a modificare la struttura della giornata nel corso della settimana, così da evitare di cadere in una routine turbinosa.
Ovviamente la buona gestione emotiva ed organizzativa della quarantena si pone in netta contrapposizione con la distanza dai nostri cari che lascia sempre quel velo di preoccupazione nei loro confronti. Non poterci essere in un momento così delicato pesa, tentiamo di esse-re loro vicini con il pensiero e con il cuore, e anche grazie alle video-chiamate. Infine, non nascondiamo un velo di preoccupazione nel caso in cui, affetti dal virus dovessimo rivolgerci al sistema sanitario locale, per questo tentiamo di tenerci informati, di mantenerci in forma, alimentarci in maniera sana e rispettare in maniera piuttosto rigida le misure di prevenzione.
L’enormità del lavoro di cura
In Bolivia, le persone che necessitano di cura da parte di terzi sono 4,1 milioni: bambini, adolescenti, persone in situazioni di disabilità, persone che hanno più di 70 anni. Chi potrebbe potenzialmente svolgere questi lavori di cura? In teoria vi sono 7,4 milioni di uomini e donne tra i 15 e i 70 anni che potrebbero farlo. Ma nella pratica sono le donne che vi si dedicano: l'impegno degli uomini per questi compiti è ancora molto scarso.
L’enorme domanda di cura si presenta in una società che sta cambiando, la situazione economica costringe le donne, oltre a lavorare a casa e provvedere alle loro famiglie, a lavorare al di fuori di essa. Il modello della donna solo casalinga non è più sostenibile, e così, combinando il lavoro all'interno e fuori casa, si raggiungono facilmente giornate lavorative di 12-18 ore, con gravi conseguenze per il benessere personale delle donne e l'esercizio dei loro diritti. I servizi sociali privati e pubblici sono pochi, di scarsa qualità e/o non sono sempre economicamente accessibili.
I compiti dell’economica domestica sono svalorizzati, il lavoro di cura (lavoro riproduttivo) non viene nemmeno considerato un lavoro perché si ritiene che non “produca”. Eppure, senza dubbio permettono di creare le condizioni in cui tutti i professionisti possono svolgere i propri lavori al di fuori della casa e, appunto, produrre. Sono tutte mansioni storicamente assegnate alla donna, e per il loro svolgimento non è previsto un compenso, seppur venga investita una risorsa molto preziosa, che nessuno restituisce: il tempo.
Questa situazione condiziona le possibilità di studiare, lavorare, la distribuzione diseguale del lavoro, la disparità salariale, il poter guadagnare per essere indipendenti economicamente, partecipare alla vita comunitaria e politica.
Obiettivo: promuovere la corresponsabilità
L’obiettivo del Progetto Economia del Cuidado in cui sto collaborando con la mia organizzazione partner Ciudadanía è migliorare le condizioni delle famiglie e in particolare delle donne, promuovendo la corresponsabilità nel lavoro di cura.
Promuovere la corresponsabilità sociale e familiare nel lavoro di cura, significa suddividere le mansioni di economia domestica tra uomo e donna. I benefici di tali dinamiche permetterebbero di migliorare le condizioni di accesso delle donne all'istruzione, al lavoro, all'attività economica, alla partecipazione sociale e alla politica. In tal senso la Bolivia ha un orientamento legale favorevole: l’anno scorso il Consiglio Municipale di Cochabamba (anche grazie ad un ruolo attivo di Ciudadanía) ha approvato la Ley del Cuidado, Legge Municipale di Corresponsabilità nel lavoro di cura non remunerato per le pari opportunità. La legge è una prima assoluta in Bolivia, riconosce il valore del lavoro svolto dalle donne e del loro contributo nella riproduzione della vita e nella produzione di ricchezza nell’economia del Paese.
La legge promuove azioni concrete che puntano alla corresponsabilità sociale e statale, mirando a un cambio della mentalità machista, liberando le donne dal tema dell’obbligo del lavoro domestico e valorizzando il diritto di paternità. Al medesimo tempo promuovono il miglioramento della qualità delle infrastrutture sociali esistenti e la creazione di nuove per l’accoglienza di minori, persone in situazione di disabilità e anziani. Sono tutte misure che permettono alle donne una migliore conciliabilità della sfera familiare e professionale: dando loro la possibilità di studiare, lavorare, di essere economicamente indipendenti, senza dimenticare l’opportunità di partecipare alla vita comunitaria e politica, ma anche disporre di maggior tempo per la cura della propria persona.
Formazione e sensibilizzazione online
Ciudadanía in collaborazione con altre organizzazioni, ha elaborato delle formazioni sulla corresponsabilità del lavoro di cura per poter sensibilizzare la popolazione e aumentare il grado di consapevolezza della situazione e sulle possibili alternative. In un certo senso si tratta di “disimparare” i ruoli e comportamenti predefiniti, decostruire le false credenze secondo cui quando la donna si reca a lavoro i figli soffrono; oppure che se non si dedica unicamente alla famiglia e alla casa non è una brava moglie o una brava madre. Inoltre, si mira a dare visibilità ad un tipo di mascolinità che riconosce il dovere ma anche il diritto degli uomini a un ruolo attivo nella cura della famiglia e alla partecipazione nelle mansioni dell’economia domestica, questo senza mettere in discussione il proprio ruolo o la propria virilità.
In questi primi mesi uno dei miei compiti è stato, partendo dal prezioso materiale su cui ha duramente lavorato l’organizzazione, creare due pacchetti formativi da proporre alle organizzazioni membri di We effect, organizzazione svedese con cui collabora Ciudadanía. L’idea è che queste potranno formare i lori beneficiari che a loro volta potranno diffondere i contenuti all’interno della propria comunità, così da ampliare di molto il numero di beneficiari, e promuovere la creazione di azioni concrete. Infatti, la formazione si conclude offrendo degli strumenti ai partecipanti per organizzare a loro volta momenti di riflessione e sensibilizzazione, ma anche degli strumenti per procedere con l’elaborazione di azioni di incidenza sociale e politica.
Ovviamente da fine marzo, a causa del Coronavirus le attività sono sospese.
Abbiamo comunque presentato virtualmente le formazioni e, malgrado la mia preoccupazione di parlare in spagnolo di fronte a tante organizzazioni, con persone anche più esperte di me, la presentazione è andata bene. I partecipanti hanno mostrato interesse, anche le organizzazioni che non lavorano direttamente nell’ambito della corresponsabilità, ma che sono convinte che per promuovere un cambiamento è necessario inserire questa tematica in modo trasversale nei progetti.
Coronavirus e beni primari
A causa della crisi del Coronavirus le famiglie affiliate stanno attraversando un momento molto difficile: non possono svolger il proprio lavoro, in molti casi unica fonte di guadagno, di conseguenza non hanno nessun reddito. Malgrado le misure messe in atto dal paese, donazioni di buoni o alimenti, alcune di queste famiglie non sono beneficiare di queste azioni e vivendo in zone molto lontane dal centro e di difficile accesso, non dispongono di servizi di base come l’acqua corrente e il gas. Per poterli ottenere devono camminare lunghe distanze, rischiando anche di contrarre il virus nel tragitto.
Per questo motivo Ciudadanía si è attività supportando le signore beneficiare nella richiesta di fondi per l’acquisto e la distribuzione di casse di alimenti di prima necessità (olio, riso, zucchero, latte in polvere, farina…). Sono state selezionante 118 famiglie in situazione di alta vulnerabilità, nella maggioranza dei casi sono famiglie migranti dell’altipiano, senza reti sociali alle quali appoggiarsi in questo momento di crisi.
La crisi come opportunità
Nonostante i vasti effetti negativi che la quarantena ha avuto su alcune fasce della società (a livello di reddito, sulle situazioni di violenza, sulla quantità del lavoro di cura, solo per citarne alcuni), Ciudadanía ha voluto avviare una discussione anche sulle opportunità offerte da questo momento difficile. Sicuramente tra le più presenti la solidarietà tra i cittadini: è evidente come tutti si sono subito attivati per offrire aiuti a persone in difficoltà, con molteplici iniziative solidali e spazi di riflessione. Le fasce vulnerabili della popolazione hanno acquisito maggiore visibilità, che si traduce in una maggiore attivazione verso l’offerta di servizi a loro destinati.
La situazione inoltre evidenzia l’importanza di un sistema universale sanitario e di protezione sociale, permettendo di rendere visibile il valore del lavoro di cura. La crisi globale ha evidenziato la centralità del lavoro di cura nelle professioni sanitarie, nella famiglia come in tutti gli ambiti.
Barbara Banfi ha terminato il suo contratto con la nostra organizzazione partner Ciudadania e con Comundo il 31.01.2021. Continuerà a vivere in Bolivia e a sostenere il suo compagno Francesco Negri.
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Di Barbara Banfi | 15 giugno 2020 | Bolivia
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