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14.07.2023 | Colombia, Diritti umani e democrazia

Quando il teatro cura

Ho conosciuto Yolanda Diaz Mansano attraverso il mio lavoro con FORCULVIDA. Assieme a parecchie altre persone anziane abbiamo preparato una rappresentazione teatrale che metteva in scena le violenze subite. Un lavoro che non ripara le ingiustizie subite, ma può aiutare a guarire da alcune vecchie ferite.

Alicia Tellez e Yolanda Diaz Mansano (tutte le foto sono di Stephania Machado)

«La notte del 17 febbraio 2006 degli uomini armati sono entrati in casa nostra e hanno sparato a mio marito, uccidendolo. Mi hanno picchiata con pugni e calci, ma li ho trattenuti. Così mio figlio è riuscito a scappare, gli hanno sparato ma colpendolo solo di striscio». Yolanda Diaz Mansano ha 61 anni e ha salvato la vita di suo figlio rimediando 17 punti di sutura in testa. Quella notte è scappata dalla sua casa e la vita l’ha portata ad Aguablanca. Per capire cosa le è successo e perché la considero doppiamente una vittima, vi devo raccontare del conflitto armato che colpisce la Colombia da 60 anni.

8 milioni di sfollati in 60 anni di conflitto

Il conflitto armato in Colombia è uno dei più lunghi nella storia del Sud America ed è quello che ha prodotto il flusso migratorio interno più grande: più di 8 milioni di persone hanno lasciato la propria terra, e il numero continua ad aumentare. Aguablanca, enorme quartiere di quasi un milione di abitanti alla periferia di Cali, è stata fondata in parte da questi sfollati, persone in fuga che si sono sistemate alla meglio in campi di riso, paludi che si inondavano almeno due volte all’anno.  Ma non tutti erano contadini, pescatori, insegnanti e casalinghe. Sono arrivati anche paramilitari, ex militari e narcotrafficanti. Dopo non molto tempo, questa popolazione in fuga si è ritrovata in un ambiente molto violento e con pochissime opportunità di lavoro. Molte donne hanno perso mariti, figli o nipoti anche nelle lotte interne di Aguablanca e così sono arrivate alla terza età segnate da molte perdite e spesso in situazione di povertà estrema.

Una doppia vittimizzazione

Quello che mi colpisce di più della storia di Yolanda è che in tutti questi anni non abbia mai avuto un accompagnamento medico appropriato, non ha mai nemmeno fatto una TAC al cervello, nonostante tutti i colpi ricevuti. Questo maltrattamento delle vittime, la mancanza di attenzione nei loro confronti fa sì che vengano vittimizzate due volte! 

«Le ferite della mia testa sono guarite – mi racconta –. Ma quelle nell’anima purtroppo ci sono ancora. La violenza lascia tante conseguenze nell’anima di una persona e quelle sono le ferite più difficili da curare».

Le conseguenze fisiche di quell’aggressione non sono comunque da sottovalutare: «A causa di quelle botte io ho tanti dolori alla testa e alla schiena, inoltre sono quasi completamente sorda e non riesco a lavorare– mi confida Yolanda -. Questo mi fa sentire inutile, ma non è giusto!». Yolanda si sente impotente e di questo accusa lo Stato, che non l’ha protetta quando è stata aggredita e non la sta aiutando ora che è anziana e povera.

Liberare le parole

Yolanda ha partecipato al progetto “Pasos y relatos de resistencia” in cui sono stata impegnata negli ultimi mesi come drammaterapista, assieme alla mia collega di FORCULVIDA Jennifer Gómez, che lo coordinava. Si trattava di una serie di incontri con anziani colpiti dal conflitto armato, nell’ambito di un progetto sostenuto dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo e dalla Commissione della Verità. Abbiamo utilizzato diverse tecniche teatrali e di condivisione, con l’obiettivo di raccogliere l’esperienza personale delle anziane e degli anziani sul conflitto vissuto. Dopo diversi incontri e grazie alla conoscenza reciproca, lavorando sulla socializzazione e sull’espressione corporea, i partecipanti hanno iniziato a rivivere alcuni episodi del passato, attraverso la rappresentazione scenica davanti a tutti. 

È stato un grande lavoro collettivo, in cui ogni partecipante aveva dei compiti precisi e dava il proprio contributo. Nella seconda fase del progetto abbiamo lavorato con una cinquantina di persone e abbiamo montato uno spettacolo che parla di quanto successo negli ultimi 60 anni. Abbiamo scelto persone con capacità artistiche importanti: fra di loro ci sono cantanti, musiciste e musicisti, ballerine e ballerini, potesse e poeti, attrici e attori con un talento innato! Il mio lavoro consisteva nell’affiancare Jennifer e tutta l’equipe artistica, aiutandoli a raccogliere le storie più forti nel pieno rispetto delle persone e sostenerli nella creazione della drammaturgia dello spettacolo e nella scrittura dei monologhi più difficili, che parlano delle violenze subite. 

Uno sforzo enorme, ma ne è valsa la pena!
Uno sforzo enorme, ma ne è valsa la pena!

Siamo andati in scena la scorsa estate ed è stato un successo. Purtroppo, proprio il giorno dell’anteprima è morta di Covid-19 una delle nostre partecipanti. Abbiamo onorato la sua morte cercando di fare del nostro meglio. È stata una rappresentazione molto sentita e tutti i partecipanti erano felici per il traguardo raggiunto. Ho visto anziani guarire dal loro dolore durante il processo creativo, ho visto la gioia e la soddisfazione per essere riusciti ad arrivare al traguardo, nonostante tutto. Ho visto di nuovo un processo di resilienza in atto attraverso l’espressione artistica. Tutto quanto è stato uno sforzo enorme, ma posso dire che ne è valsa la pena.

Finalmente abbiamo potuto raccontare

«Lavorare con Alicia mi ha aiutata molto perché almeno abbiamo potuto raccontare la verità –racconta Yolanda -. Abbiamo potuto raccontare la guerra, la violenza il dolore di ciò che ci è successo. Portiamo una croce molto pesante. Poterne parlare con lei e con persone da altre parti del paese ci ha permesso di sfogarci, raccontarci. La croce è diventata un po’ più leggera». La realtà è che nella regione dove abito la giustizia per tutti è ancora una conquista da fare. Ci sono tante organizzazioni e tanti volontari che lavorano per i diritti umani e credo che questa per il momento sia l’unica via d’uscita: la resistenza civile che si fa attraverso le organizzazioni come FORCULVIDA, che sostengo da 5 anni. «Speriamo che questa rappresentazione serva perché non si ripeta più questa violenza - racconta Yolanda -, affinché la Colombia un giorno possa vivere in pace. I nostri figli e i nostri nipoti meritano un Paese in pace».

 

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Alicia Aurora Tellez

Drammaterapista

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Alicia Tellez è drammaterapista ed è cooperante di Comundo in Colombia dal 2016, dove collabora con l’associazione FORCULVIDA, sostenendola nella gestione delle diverse aree di intervento sociale e culturale. Attraverso il lavoro artistico si cerca di creare consapevolezza sul tema dei diritti umani e di promuovere un’attitudine positiva verso la comunità, affinché i beneficiari diventino protagonisti del proprio destino.
 

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