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12.09.2022

Al ritmo della natura

Essere contadini in Svizzera o in Nicaragua è poi così diverso? Cosa succede con l’avanzare dell’età? Da chi ricevono sostegno? Mariapia Bisi e Don Luis Alfredo ci raccontano la loro vita quotidiana e il loro futuro.

Quanto lavora?

LA: Direi che lavoro sempre, tutti i giorni almeno 5-6 ore. A volte pianifico attività più leggere per poter recuperare. Ma il campo non permette di fare vacanze, al massimo riposo un giorno. Per esempio, mi piace lavorare nella parcella vicino a casa, che è bella in pianura, mi diverto!

MB: Quello del contadino non è un lavoro, è uno stile di vita, che permea tutti gli aspetti della vita. Posso dire di lavorare sempre, tutti i giorni dell’anno e in tutte le stagioni. È la terra a richiederlo, gli animali hanno delle esigenze e noi rispondiamo secondo la logica. Ho la fortuna di non avere nessuno che mi dice cosa fare e quando, se non la natura stessa.

L'agricoltura è più di un semplice lavoro, è uno stile di vita che si estende a tutti gli aspetti della vita. (Mariapia Bisi)

Chi la aiuta?

MB: Siamo una famiglia di contadini. Il mio compagno, che ha 70 anni, si sta pian piano ritirando, io sono ufficialmente pensionata da qualche settimana. Fortunatamente nostro figlio ha deciso di proseguire con l’attività. Da 6 anni abbiamo anche un aiutante a tempo parziale. E da sempre dei volontari per la stagione sull’alpe. In Svizzera abbiamo il sostegno dello Stato soprattutto quando si tratta di aprire l’azienda, e poi i contributi agricoli ci permettono di tenere bassi i prezzi, altrimenti non avremmo mercato.

LA: La famiglia. Mia moglie e i miei due nipoti, che vivono con noi, ci aiutano. Anche i nostri sei figli che abitano nelle vicinanze, ci danno una mano in caso di bisogno. Siamo agricoltori da generazioni e spero che la nostra famiglia continui ad esserlo. Per noi è anche molto importante far parte di una cooperativa agricola: siamo membri della cooperativa Carlo Alberto Vásquez da sempre. Ci anima molto, ci motiva, e poi mi ha anche aiutato concretamente, per esempio dandomi la terra! La nostra cooperativa è sostenuta da UCANS (unión de cooperativas agropecuarias del norte de Las Segovias), un'associazione di 35 cooperative agricole del dipartimento di Madriz.

Due fattorie: Mariapia Bisi a Rancone, Don Luis Alfredo a El Naranjo.

Comundo collabora con UCANS. Don Luis Alfredo, in che misura beneficia di questa organizzazione?

LA: Il supporto è importante. Il tecnico di UCANS ci fornisce consigli agronomici, dalla preparazione del terreno alla semina, dalla manutenzione al raccolto. Marco Ventriglia, cooperante di Comundo presso UCANS, mi ha insegnato a tenere la contabilità e a familiarizzarmi con gli elementi di gestione aziendale.

Per noi è importante far parte di una cooperativa agricola. (Don Luis Alfredo Olivera)

Si guadagna abbastanza?

LA: A rendere di più sono gli ortaggi, soprattutto le cipolle gialle. Le vendiamo al mazzo e mi dicono che sono molto buone. Grazie al registro economico che Marco mi ha insegnato a usare (vedi articolo principale: www.comundo.org/marcoventriglia) ho potuto realizzare di non aver lavorato in perdita. Anzi, ho addirittura guadagnato 3'000 Cordoba in un anno. È pochissimo, ma prima non guadagnavo proprio niente! Così sono riuscito a pagare i miei conti senza dover chiedere niente a nessuno. E poi abbiamo sempre avuto i prodotti per il nostro consumo, senza doverli andare a comprare al mercato. Negli scorsi anni tra mancanza d’acqua e uragani, per due volte abbiamo perso il raccolto.

MB: Sono io a occuparmi della contabilità dell’azienda e posso dire che da vent’anni il guadagno è sempre lo stesso. All’inizio all’ufficio contribuzioni mi chiedevano spiegazioni: non capivano come una famiglia potesse vivere con così poco! Non si diventa certo ricchi facendo i contadini, ma non mi lamento. Secondo me in Svizzera il lavoro agricolo è ancora valorizzato. Certo, le ore di lavoro non si contano, se dovessimo rifarci completamente dei costi di produzione dovremmo avere dei prezzi esorbitanti. Per fortuna ci sono i contributi statali. Insomma, non è una vita di stenti, perché non ci manca niente e abbiamo la certezza che di fame non moriremo. Al contrario: abbiamo il privilegio di sapere esattamente cosa mangiamo, visto che lo produciamo noi!

Due sfide da affrontare: in Nicaragua la siccità, in Ticino la presenza del lupo.

Cosa la preoccupa?

LA: L'età, che non mi permette più di lavorare come prima. Ma posso contare sull’aiuto di mia moglie e dei miei due nipoti. Senza di loro non so come farei! E poi, certo, tutti temiamo la siccità: qui siamo nel corridoio secco del Nicaragua e ultimamente anche gli inverni sono secchi. Se non piove tra maggio e ottobre, oppure se ci sono gli uragani, perdiamo tutto. 

MB: Se nostro figlio non avesse deciso di riprendere l’azienda, sarebbe stato un bel grattacapo. Se avessimo dovuto vendere non avremmo mai potuto recuperare il valore del lavoro fatto negli ultimi trent’anni. In questo momento però ci preoccupa la presenza del lupo, che sta cambiando completamente le condizioni in cui gestiamo i nostri animali. Negli ultimi anni le predazioni sono in aumento in tutto il territorio alpino e non è pensabile una convivenza come invece ci stanno imponendo.

Se non piove tra maggio e ottobre o se ci sono uragani, perdiamo tutto. (Don Luis Alfredo Olivera)

Cosa significa invecchiare per lei? Come si vede tra 10 anni?

LA: Non ho paura della morte, sarà Dio a decidere quando sarà il mio momento. Però spero di avere sempre forza perché devo continuare a lavorare: io una pensione non ce l’ho. Ho lavorato tutta la vita per la sussistenza. Non ho mai avuto un impiego ufficiale, regolamentato, che mi permettesse di pagare dei contributi. Per sfamare la mia famiglia posso solo continuare a lavorare e sperare di avere un buon raccolto. Quindi penso che sarò ancora qui, a lavorare la mia terra, tra dieci anni. Credo che i miei nipoti saranno con me e mi aiuteranno. E spero che a loro questo lavoro piaccia come piace a noi!

MB: Sono serena, anche se sento che il mio corpo cambia. Pazienza, vorrà dire che farò di meno, non andrò forse più così tanto a fare fieno in Leventina o all’alpe a 1'500 metri. Mio marito e io siamo ormai pensionati, speriamo di poter rallentare un po’ ora, pur continuando ad aiutare nostro figlio. Ho tante passioni: suonare l’arpa, dedicarmi all’orto, riuscire ad accogliere magari qualche turista in fattoria, continuare il lavoro di sensibilizzazione al mondo contadino con i bambini delle scuole e con la popolazione in generale. 

Due regioni a confronto: Don Luis Alfredo attraversa il fiume, Mariapia Bisi si arrampica su ripidi pendii.

Cosa si augura per il futuro, cosa sogna?

LA: Mi piacerebbe riuscire a evitare i prodotti chimici, che oltre a essere carissimi, inquinano la terra. Ho conosciuto persone che sono arrivate a vivere anche oltre i 100 anni di età, ma non mangiavano tutti i veleni che mangiamo noi! Senza i prodotti chimici è tutto più buono e più sano. Mi piacerebbe capire di più come fare e magari UCANS mi può aiutare.

MB: Ora che sono pensionata vorrei continuare a trasmettere la passione per il lavoro della terra, ma con più calma rispetto a prima: fare meno e meglio! Trovo fondamentale il rispetto della natura e dei suoi ritmi, anche per quanto riguarda il tempo che passa e noi che cambiamo. Vorrei trasmettere questa consapevolezza ai miei nipoti.

In dialogo

 

Don Luis Alfredo Olivera ha 65 anni ed è agricoltore da tutta la vita. Vive con la moglie e due nipoti nella comunità di El Naranjo, nel nord del paese, dove ha un piccolo appezzamento di terra a circa 600 metri di altitudine. La sua è un’abitazione modesta, ma la ritiene tutto sommato adeguata: c’è ombra, il Rio Coco non è troppo lontano. Coltiva mais, fagioli e sorgo. C’è spazio per il maialino, qualche mucca, un piccolo allevamento di polli. Da un paio d’anni gestisce anche un piccolo orto familiare da cui ricava cipolle bianche e rosse, coriandolo, barbabietole, carote, pomodori e sedano per il consumo familiare e per la vendita. I sei figli, ormai tutti accasati, vivono nei dintorni. 

 

Mariapia Bisi ha 64 anni e fin da piccola passava le estati dai nonni in Valle Leventina, dando una mano durante la fienagione. Si è formata come maestra d’asilo e ha praticato la professione per una decina d’anni nel Mendrisiotto. Da oltre trent’anni è però tornata a vivere con il compagno e i due figli nel Locarnese, a Rancone, 700 mslm, a poca distanza dal ponte dei salti di Lavertezzo. La stalla che ospita le sue 60 capre e 30 pecore non si vede nemmeno dalla strada forestale sottostante. Il sentiero che sale è talmente impervio che per il trasporto di persone e materiale hanno costruito una piccola monorotaia a motore: 100 metri di salita ripidissima in meno di un minuto.